Il rispetto del bene suolo

Il consumo di suolo è spesso al centro di numerose discussioni e anche recentemente è stato trattato da articoli giornalistici, interrogazioni e altro con l’assunzione di posizioni spesso pesanti e quasi sempre contrastanti.

Tutti siamo consapevoli che la terra è un bene prezioso e per noi agricoltori lo è ancora di più visto che è quello di cui e su cui ci viviamo.

Dal suolo, con il lavoro dei contadini proviene il cibo, indispensabile per la nostra sopravvivenza, quindi elemento fondamentale da tutelare, curare e gestire. Con una buona terra abbiamo anche buoni frutti e quindi è indispensabile mantenerla nel miglior stato possibile. La fertilità è quindi un bene da salvaguardare anche in considerazione della costante crescita della popolazione mondiale e quindi del bisogno di alimenti, ma è anche sempre più fragile vista la sua delicatezza facilmente degradabile. La superficie non più coltivabile è in continua crescita e quindi il suolo assume continuamente un maggior valore da custodire.

Lo conosciamo bene noi agricoltori di montagna l’importanza della terra avendo dovuto spesso recuperarla costruendo terrazzamenti, competendo con i boschi e con le pendenze, plasmando le pendici dei nostri monti e spingendoci a utilizzare al meglio anche le aree più elevate con i nostri alpeggi. Sono state e sono ancora fatiche che hanno un valore non solo per gli agricoltori, ma anche per la collettività e gli altri settori produttivi come il turismo.

Non è neanche da trascurare il ruolo che il suolo e la sua custodia ha nel dissesto geologico che con i cambiamenti climatici è e diventerà sempre più rilevante. Un suolo sano e curato riesce a sopportare meglio i fenomeni meteo che sempre più spesso si stanno ripetendo anche nel nostro territorio.

Diventa quindi molto semplice affermare che servono maggiori tutele e attenzioni ed è facile scandalizzarsi quando ci viene riportato che sono stati persi molti ettari di superficie agricola ogni anno.

Crediamo però serva una valutazione molto razionale nell’esame di queste situazioni non affidandoci esclusivamente a reazioni emotive. Intendiamoci, come agricoltori non possiamo che essere favorevoli al mantenimento della superficie coltivata, ma tutti abbiamo bisogno anche di altre cose per poter rimanere e abitare in un territorio.

Servono ad esempio infrastrutture per la mobilità non solo per lo spostamento delle persone, ma anche per le merci. Sono necessari anche i servizi perché abbiamo bisogno di strutture per la collettività, ospedali, scuole e luoghi di aggregazione. Sono indispensabili le strutture produttive come fabbriche, laboratori, opifici e alberghi e ristoranti (soprattutto per i territori turistici come il nostro). Sono quindi in tanti che hanno bisogno di suolo che però sappiamo tutti non è infinito.

Proviamo infatti a pensare quale sarebbe il destino delle nostre montagne se non ci fossero le strade per raggiungere i nostri paesi, i nostri campi, ma anche se non ci fossero quei servizi essenziali e utili. Semplicemente se in un paese non c’è qualche attività lavorativa e commerciale la sua sopravvivenza nel tempo è in deciso bilico. Purtroppo in molte zone montane nazionali e non solo, è troppo facile trovare aree abbandonate a se stesse e perse anche dal punto di vista agricolo. Non serve andare molto lontano dalla nostra provincia per incrociarle, basta uscire dai nostri confini per constatare che in alcuni territori ci sono interi paesi spopolati, campagne occupate dai boschi con problemi di dissesto idrogeologico evidenti. Drammaticamente è una situazione che sta lentamente arrivando anche nelle nostre valli soprattutto in quelle più fragili e periferiche.

Non sempre però la tutela del suolo deve essere attuata con la sua assoluta salvaguardia. Dove serve si deve considerare anche un uso diverso da quello naturale.

Sappiamo però che un terreno urbanizzato difficilmente ritorna ad essere coltivabile e quindi bisogna anche essere estremamente prudenti nel programmare e progettare l’uso del suolo che deve essere sempre rispettato, valorizzato e attentamente destinato.

Si tratta di uno dei problemi della transazione ecologica che ci obbliga (correttamente) a fare scelte molto razionali in quanto consapevoli che serve guardare sempre più anche al futuro.

Quello che crediamo deve essere indispensabile è il rispetto del bene suolo. Quando adottiamo questo criterio difficilmente assistiamo a fenomeni speculativi, disastri urbanistici e usi sconsiderati dei territori. Dal rispetto nasce l’uso consapevole e la sua corretta valorizzazione e questo dovrebbe essere la base di valutazione di ogni decisione.

Quindi come possiamo conciliare le nuove esigenze con il mantenimento del territorio?

La scelta non è semplice, ma crediamo che si potrebbe partire da un attento censimento di tutte le aree industriali e artigianali presenti e non utilizzate. Prima di occupare nuovi suoli sarebbe indispensabile recuperare quanto è già stato destinato e inutilizzato spesso in stati di conservazione piuttosto precari. Crediamo sia sempre meno accettabile che ci siano zone urbanizzate e non utilizzate, contemporaneamente alla richiesta di nuove aree di espansione. Si devono attivare processi di coinvolgimento delle proprietà che permettano un riuso della superficie senza eccessi speculativi. Servono quindi strumenti e metodi per riuscire a frenare il consumo di nuovo suolo che non siano però semplicemente blocchi a priori, ma bisogna usare criteri di priorità per valorizzazione e recupero delle superfici che possano svolgere questo ruolo. Non è una cosa semplice, ma è necessario trovare strade diverse dal semplice urbanizzare nuove aree, situazione che deve essere l’ultima possibilità da perseguire.