La Cooperazione è lo strumento che ha fatto emergere la nostra agricoltura, non possiamo dimenticarlo
L’attuale tensione tra Concast e Latte Trento ha fatto emergere un elemento di disturbo che sta serpeggiando, in modo più o meno evidente, in diverse cooperative trentine. Da qualche tempo si fa fatica a ricordare che il lavorare assieme è stato per il Trentino un elemento imprescindibile, un motore di sviluppo importantissimo che ha permesso di diventare il territorio che stiamo vivendo. Lo sviluppo economico che si è originato dal movimento cooperativo ha coinvolto tutti i settori e la composizione del consiglio della nostra Federazione Trentina ne è la chiara dimostrazione. Si è riusciti a creare un modello che viene copiato, studiato, spesso invidiato, non solo nei territori nazionali, ma anche all’estero, viste le numerose delegazioni internazionali che vengono per conoscerlo.
La cooperazione si è basata su una visione collettiva e quindi più forte, ma anche su una responsabilità condivisa volta al bene comune del territorio e non solo agli interessi dei soci che la compongono. Probabilmente l’origine delle tensioni, tra le quali crediamo vi sia anche quella recentemente riportata dalle cronache, parte da un affievolimento dei valori della cooperazione nella società trentina.
L’orografia del nostro territorio non ci permette lo sviluppo di aziende molto strutturate e quindi l’unico modo per riuscire a coltivare i nostri pendii, le nostre vallate e le montagne è sempre stata l’azienda familiare. Per poter avere una continuità imprenditoriale e avere un futuro è stato chiaro che si doveva puntare a un’organizzazione collettiva e quindi sono state costituite le cooperative, forti nel motto “Unitas”. Solo così le nostre piccole e piccolissime imprese hanno avuto il riconoscimento economico che meritavano, oltre a quello sociale e imprenditoriale.
Dobbiamo poi sottolineare che la cooperazione è riuscita a valorizzare le nostre produzioni con marchi riconosciuti e riconoscibili, pensiamo ad esempio a Cavit, Rotari, Melinda, Sant’Orsola, Trentingrana, solo per citarne alcuni. Da soli non ce l’avremmo fatta.
Visti questi risultati dispiace constatare una minor volontà di collaborare e fare sistema. Senza un approccio collaborativo non esiste vera cooperazione.
La valenza di questa è, secondo noi, fondamentale. Non solo per le produzioni di alto pregio e la cura del territorio, ma soprattutto per la manutenzione delle terre alte che altrimenti sarebbero lasciate al loro destino con conseguenze che si ripercuotono poi, drammaticamente, a valle. In questi ultimi anni forse la collettività sta prendendo atto del fatto che per la sicurezza della pianura serve la cura della montagna e i recenti eventi meteo ce lo stanno continuamente dimostrando.
Purtroppo sembra sia diventato ormai più facile discutere pubblicamente sui media, dove crediamo che il confronto rischi di diventare in realtà polarizzato e spesso sterile, anziché nelle sedi appropriate, come tavoli istituzionali o di settore con i diretti interessati, che riteniamo dovrebbero essere l’approccio più corretto.
Dimenticarsi il valore della cooperazione e non discuterne nelle sedi opportune può portare a far prevalere come unico obiettivo l’affermazione della propria posizione rispetto al bene collettivo e, in un territorio come il nostro, non si va lontano. Non ci riferiamo solo alla tensione che c’è adesso nel settore caseario indipendentemente dalle parti coinvolte. Ma questi episodi destano preoccupazione nel mondo agricolo e in questo momento, in particolare, in quello degli allevatori. Da quanto è stato riportato, la data di uscita dal consorzio di secondo grado è fortunatamente lontana e quindi auspichiamo ci sia tempo per ravvedersi e aprire un confronto costruttivo per il bene della zootecnia. Temiamo che, in caso di divisione e distacco, chi ci perda siano gli allevatori di entrambi gli schieramenti e in particolare i giovani a cui non diamo un buon esempio, così come recentemente espresso dal presidente della FPA Giacomo Broch, posizione che certamente condividiamo.
Il settore è già in affanno, deve affrontare diverse situazioni complicate come la gestione dei grandi carnivori, una PAC poco attenta alle imprese di montagna, i mercati volatili con sbalzi importanti che non agevolano la gestione delle imprese, un ricambio generazionale contenuto e difficile.
Serve un progetto zootecnico che riesca a fare sintesi e dare prospettive al territorio mettendo al centro le stalle, gli allevatori e le loro famiglie. Bisognerebbe individuare nuove strategie che incidano su produzione, marketing e alleanze. Crediamo sia importante valutare anche le sinergie che ci potrebbero essere tra i diversi marchi per esportare nel mondo i prodotti trentini, siano essi agricoli, artigianali e industriali. Proviamo solo a immaginare quale capacità di promozione territoriale potremmo avere con una collaborazione tra tutti i settori produttivi trentini, veicolandoci reciprocamente, creando una sorta di Made in Trentino.
Nulla è da considerare scontato e consueto. Per noi trentini operare quotidianamente con la cooperazione è normalità, forse possiamo anche dire che è un’ovvietà, ma rischiamo di scordarci quanto in realtà sia preziosa e quanto dobbiamo investire, sia dal basso che dall’alto, per conservarla anche nel futuro, nell’interesse della collettività.
Paolo Calovi
Presidente CIA-Agricoltori Italiani del Trentino