Batteriosi dell’actinidia in Trentino

La Batteriosi dell’actinidia o PSA

a cura di dott.ssa Lorenza Tessari, Ufficio Fitosanitario della PAT

Il cancro batterico dell’actinidia è dovuto al batterio Pseudomonas syringae pv. Actinidiae, in sigla PSA, malattia specifica del kiwi. La batteriosi ha un decorso molto rapido e può portare alla morte la pianta in pochi mesi. PSA penetra all’interno della pianta attraverso stomi fogliari o ferite di potature, legature, gelo e grandine e si manifesta con maculature necrotiche sulle foglie, con generale avvizzimento dei rami e imbrunimento dei fiori e infine con tipici cancri rameali, dai quali possono fuoriuscire essudati di colore variabile fra il rosso e arancio. Il batterio è attivo tra i 10° e i 20º C, ma non oltre i 25º C, mentre lumidità favorisce la sopravvivenza e la moltiplicazione, sia sulla superficie, sia all’interno della pianta.

Diffuso in Italia da circa vent’anni a partire da Lazio, Piemonte ed Emilia Romagna, dove la malattia ha causato importanti danni economici e ha messo a rischio l’approvvigionamento del materiale vivaistico, PSA è comparso in Trentino nel 2011 e già negli anni seguenti gran parte delle aree coltivate sono state dichiarate “zone di contenimento”, ossia aree dove non è tecnicamente possibile l’eradicazione di PSA nel breve termine ed è necessario contenere l’organismo nocivo eliminando le fonti di inoculo.

Con determinazione del Dirigente n.550 del 04 luglio 2019, preso atto dei risultati dell’attività di monitoraggio effettuata da FEM, il Servizio Agricoltura ha recentemente ridefinito, in ottemperanza alla specifica normativa nazionale, lo stato fitosanitario del territorio provinciale e indicato come aree contaminate (nuovi focolai) i territori dei C.C. di Besenello e Vigolo Vattaro e definito aree di contenimento i territori dei comuni di Ala, Arco, Avio, Cavedine, Dro, Madruzzo, Mori, Nomi, Pomarolo, Rovereto (S.Ilario), Trento (Sardagna, Romagnano, Mattarello), Vallelaghi (Vezzano), Villalagarina e Volano.

Nelle aree contaminate sono prescritti specifici interventi per evitare il diffondersi della malattia quali il taglio e la bruciatura immediata delle piante con presenza di cancri o rami avvizziti e la disinfezione del terreno e degli attrezzi di potatura.

Nelle aree di contenimento è vietata l’attività vivaistica per la produzione e il prelievo di materiale di moltiplicazione del genere Actinidia. Al di fuori delle aree indicate, i nuovi campi di produzione vivaistica (che deve comunque essere autorizzata!) devono distare almeno 500 m da frutteti nei quali è stato rilevato il batterio PSA e 4.500 m da focolai attivi.

In tali aree deve inoltre essere adottato lo standard tecnico nazionale per la prevenzione e il controllo della PSA che è allegato parte integrante alla determinazione. Esso prevede, in estrema sintesi, il taglio e la bruciatura immediata delle piante o parti di piante che presentano i sintomi della batteriosi, la disinfezione del terreno con calce spenta, la disinfezione e protezione con mastici delle ferite di potatura sul tronco e sui cordoni, la disinfezione degli attrezzi di potatura, lo smaltimento del materiale vegetale tagliato o estirpato mediante bruciatura o interramento profondo in loco, fermo restando il rispetto di specifiche disposizioni in materia ambientale e di prevenzione degli incendi.

Per quanto riguarda i trattamenti, che hanno efficacia solo preventiva, essi devono essere effettuati con prodotti autorizzati in coincidenza con eventi che favoriscono la diffusione del batterio (potatura, raccolta, caduta foglie, fine caduta petali, forti venti, grandinate, gelate e piogge persistenti).

L’inosservanza delle prescrizioni sarà punita con sanzioni dal valore compreso tra 500 e 3.500 euro.