Come si chiude un’azienda agricola?

Come si chiude un’azienda agricola? Quali sono gli adempimenti fiscali e dove porre attenzione

Se l’apertura della partita IVA rappresenta l’inizio di un nuovo percorso imprenditoriale, la chiusura della stessa ne rappresenta necessariamente la fine. Tutte le aziende, infatti, anche quelle agricole, attraversano durante il proprio ciclo di vita molteplici fasi tra cui quelle della cessazione.
Le ragioni che possono portare alla chiusura di una posizione imprenditoriale possono essere diverse e devono essere cercate principalmente nella natura dell’impresa, nella forma assunta dall’organizzazione interna, nella tipologia di attività svolta e nelle persone al cui interno lavorano.

In particolare per le aziende agricole, costituite prevalentemente in forma di società semplice e ditta individuale (compresa quella familiare), le principali ragioni che possono portare alla cessazione devono ricercarsi:
• nel decorso del termine (spesso nell’atto costitutivo delle società semplici viene preventivamente stabilità la data di scioglimento della società);
• nel conseguimento dell’oggetto sociale o nella sopravvenuta impossibilità di conseguirlo (le imprese spesso si pongono degli obiettivi imprenditoriali da raggiungere, che una volta conseguiti portano alla chiusura dell’azienda);
• nella scarsa marginalità generata dall’impresa (le imprese agricole, così come la maggior parte delle imprese, mirano alla produzione di un reddito, che se ridotto o negativo porta l’imprenditore a chiudere la posizione e a ricercare nuove strade maggiormente redditizie);
• nei limiti anagrafici del titolare o dei soci dell’azienda (il passaggio generazionale delle aziende, soprattutto nel mondo agricolo, non sempre è scontato, in quanto i figli possono semplicemente avere interessi diversi da quelli dei padri oppure la capacità di generare reddito dell’impresa è spesso troppo legata alla figura dell’imprenditore).

Accennato brevemente a quelle che possono essere le ragioni che portano gli imprenditori agricoli alla chiusura della propria azienda, cerchiamo di capire, anche da un punto di vista fiscale, quali sono gli adempimenti e gli accorgimenti principali da osservare nella fase conclusiva della vita di una azienda.

Innanzitutto, prima della presentazione delle varie comunicazioni formali di cessazione, si deve prestare attenzione alle problematiche IVA legate alla gestione dei beni facenti parte del patrimonio aziendale.
Uno sviluppo ordinato delle ultime fasi di vita dell’impresa agricola richiederebbe che l’imprenditore terminasse la fase di gestione ordinaria dell’attività, avviasse la vendita/liquidazione di tutti i beni (macchinari e attrezzature) e, una volta venduti, effettuasse le comunicazioni formali di cessazione della posizione IVA ai sensi dell’art. 35, comma 3, D.P.R. 633/72.
In tal senso, da un punto di vista delle imposte indirette (IVA), tutti gli atti di cessione dei beni aziendali a soggetti terzi, per cui era stata detratta l’IVA in sede di acquisto, andranno assoggettati ad IVA (normalmente ad aliquota ordinaria del 22%), che andrà poi versata con le modalità canoniche. Inoltre, l’imprenditore potrà decidere di non cedere a soggetti terzi i propri beni, ma di utilizzarli personalmente, destinando i beni all’uso o al consumo per finalità estranee a quelle imprenditoriali. In questi casi, ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 5, D.P.R. 633/72, si configura una fattispecie realizzativa a fini IVA, rappresentando un’operazione da assoggettare ad IVA, analogamente a quanto fatto nei casi di cessioni a terzi. Nel caso in cui, invece, l’imprenditore riesca a cedere l’intero complesso organizzato dei beni aziendali, si porrebbe in essere una cessione d’azienda esclusa da IVA, da assoggettare però ad imposta di registro proporzionale – in virtù del principio di alternatività IVA/registro.

Dal punto di vista delle imposte dirette, la cessione dei beni da parte degli imprenditori agricoli genera solitamente ricavi o plusvalenze non tassabili, e quindi irrilevanti a fini Irpef.
Fiscalmente è inoltre utile valutare la presenza di terreni agricoli acquisiti con le agevolazioni PPC (Piccola Proprietà Contadina), che consentono l’acquisto dei fondi con l’applicazione di imposta di registro, ipotecaria fissa e catastale con aliquota ridotta all’1%. Tali agevolazioni prevedono l’obbligo di conduzione attiva del fondo acquistato per almeno 5 anni. La chiusura dell’azienda prima del periodo comporta la decadenza delle agevolazioni previste.

Dal punto di vista degli adempimenti formali, dovranno essere fatte diverse comunicazioni ai vari enti interessati, ed in particolare:
• ai fini fiscali, la comunicazione di cessazione della partita IVA;
• ai fini amministrativi, la comunicazione di fine attività e di cancellazione dal Registro delle imprese;
• ai fini assistenziali e previdenziali, la cancellazione dall’Inps gestione agricoltori.

In caso di chiusura della partita IVA, è necessario compilare il modello AA9/12 e inviarlo telematicamente entro 30 giorni dalla data di cessazione dell’attività. Comunicazioni effettuate con un ritardo superiore al termine di 30 giorni sconteranno necessariamente delle sanzioni per la ritardata comunicazione. Tale adempimento non risulta avere valenza costitutiva, essendo un obbligo di natura formale, tuttavia è un elemento estremamente importante per determinare la volontà dell’imprenditore di cessare l’attività e l’azienda agricola.
Contestualmente alla comunicazione di cessazione della partita IVA inviata all’Agenzia delle Entrate, si dovrà inviare – mediante il canale ComUnica – anche la comunicazione di fine attività e di cancellazione dal Registro delle Imprese. Anche in questo caso l’inadempimento di tali obblighi potrà avere conseguenze giuridico/patrimoniali, in quanto i terzi continueranno a considerare pienamente attiva l’azienda (la mancata comunicazione comporterà per esempio l’obbligo di continuare a pagare il diritto camerale annuo).
Allo stesso modo dovrà essere comunicata la cessazione dell’attività anche all’Inps, ai fini della cancellazione ai fini previdenziali dall’obbligo di contribuzione.

Ulteriore aspetto da non sottovalutare in fase di cessazione dell’attività è quello legato alla concessione dei contributi ricevuti dalle aziende agricole. Spesso infatti gli imprenditori agricoli sono destinatari di contributi, finanziamenti o agevolazioni che richiedono il rispetto di determinati requisiti. Generalmente, infatti, la concessione dei contributi vincola gli imprenditori all’esercizio dell’attività agricola per un determinato periodo di tempo: per gli investimenti in strutture fisse o in beni mobili il periodo di osservazione è rispettivamente di 10 e 5 anni, pena la restituzione del contributo ricevuto. Anche le agevolazioni per l’insediamento dei giovani in agricoltura comportano un impegno minimo di 10 anni nella conduzione attiva dell’impresa agricola. La chiusura della partita IVA in data antecedente al termine del periodo di osservazione previsto dallo specifico bando potrà comportare l’integrale restituzione del contributo stesso.

In conclusione, quindi, la cessazione della posizione di un’azienda agricola deve essere analizzata attentamente, in modo da evitare comportamenti che non siano coerenti con la normativa fiscale, o che possano avere effetti finanziari e patrimoniali negativi.