La Collazione

Le Donazioni a coniuge e ai figli (e loro discendenti) rientrano nella successione

Pubblichiamo l’articolo uscito su Agricoltura Trentina 06/2019 a cura di Stefano Gasperi (Ufficio contratti e servizio successioni)

Obbligo di conferimento e soggetti interessati

Alla morte di una persona le donazioni e ogni altra liberalità ricevuta, effettuate in vita, a favore del coniuge (anche se separato) e ai figli o loro discendenti vanno obbligatoriamente conferite nella massa ereditaria su cui viene effettuata la successione. Tecnicamente l’operazione si chiama “collazione” (cioè, etimologicamente, portare insieme, conferire) ed è un obbligo personale. E quindi di cui risponde l’erede oggetto di donazione in vita da parte del de cuius. Il non ottemperare a tale obbligo comporta irrogazione di una sanzione amministrativa di importo variabile dal cento al duecento per cento della differenza di imposta non versata. La collazione è, quindi, l’atto con cui i figli, i loro discendenti e il coniuge del defunto, conferiscono alla massa ereditaria – intesa come l’insieme dei beni che saranno oggetto di eredità – tutti i beni mobili e immobili ricevuti a titolo di donazione dal defunto quando questi era in vita. Le donazioni fatte dal defunto quando era in vita possono infatti incidere anche significativamente sia sul complesso dei beni lasciati dal defunto, sia, di conseguenza, sull’entità delle porzioni di beni spettanti a ciascuno degli eredi. Con la collazione, la legge intende pertanto ripristinare, a favore dei parenti più stretti del defunto, l’uguaglianza di trattamento nella ripartizione del patrimonio ereditario.

L’obbligo della collazione ereditaria, quale strumento giuridico volto alla formazione della massa ereditaria da dividere sulla base della sommatoria del patrimonio presente e di quello donato, sorge automaticamente ed i beni donati in vita dal de cuius devono essere conferiti indipendentemente da una espressa domanda, essendo sufficiente a tal fine la domanda di accertamento della lesione della quota e di riduzione proposta nel giudizio e la menzione dell’esistenza di determinati beni facenti parte dell’asse ereditario da ricostruire.
Corte di cassazione, Sez. II civ. sentenza 6 aprile 2018, n. 8510

Casi in cui la collazione non si applica

La collazione non ha luogo quando il defunto abbia dispensato dall’obbligo di collazione il soggetto che ha ricevuto la donazione. In tal caso, la successione e la divisione si svolgono come se il bene oggetto di donazione dispensata non vi fosse mai stato. La dispensa dalla collazione può essere fatta espressamente nell’atto di donazione, e in tal caso è irrevocabile, o nel testamento. La dispensa può anche essere tacita, quando può desumersi con certezza dalle varie clausole dell’atto di donazione o del testamento. Può inoltre essere totale, per tutto il valore del bene, o parziale.
La dispensa è valida ed efficace
solo nei limiti della quota disponibile. La quota disponibile varia a seconda della composizione degli eredi e del fatto che il de cuius abbia o meno fatto testamento. Il coerede che ha ricevuto un bene per donazione dal defunto, quando questi era in vita, può evitare la collazione rinunciando all’eredità.

Donazioni oggetto della collazione

Oggetto della collazione sono tutte le donazioni, sia dirette che indirette (come ad esempio la rinuncia del defunto a un debito verso un coerede). Non si devono conferire le donazioni ricevute come compenso per i servizi resi, le spese di mantenimento, educazione, istruzione, quelle ordinarie per l’abbigliamento, i regali di nozze, quelle sostenute per malattia e le donazioni di modico valore fatte al coniuge. Sono invece soggette a collazione le spese fatte per assegnazioni ai figli a causa di matrimonio, per avviare i figli all’esercizio di un’attività produttiva, i premi pagati dell’assicurazione sulla vita stipulata a favore dei figli e le spese fatte per il pagamento dei loro debiti.

Effetti della collazione

Dalla collazione dei beni ricevuti per donazione risulta un aumento della massa ereditaria, alla quale si deve fare riferimento per stabilire le quote che spettano a ciascun erede, come se le donazioni fatte in vita dal defunto costituissero un anticipo sulla successione. Tale aumento, però, va fatto soltanto in riferimento ai coeredi che siano i discendenti (figli e nipoti e pronipoti) o il coniuge del defunto perché le porzioni spettanti a tutti gli altri coeredi vanno calcolate senza tener conto della collazione.

Come si fa la collazione

La collazione di beni immobili (fabbricati, terreni) si fa, a scelta del coerede che ha ricevuto la donazione, o in natura, restituendo il bene ricevuto per donazione che cesserà pertanto di essere in sua esclusiva proprietà e diventerà oggetto di comunione. Oppure conferendo una somma di denaro corrispondente al valore del bene al momento dell’apertura della successione (che andrà opportunamente stimato in assenza di altro valore condiviso).

La collazione dei beni mobili viene fatta solo per imputazione, calcolando il valore che il bene ha all’apertura della successione. In entrambi i casi si ha riguardo al valore di mercato che ha il bene al momento dell’apertura della successione e non al valore (solitamente maggiore) che il bene aveva al momento della donazione.

La collazione di denaro viene fatta assegnando agli altri discendenti e al coniuge una somma di denaro uguale a quella ricevuta dal beneficiario della donazione. In altre parole, il coerede che ha ricevuto la donazione dovrà ricevere dall’eredità una quantità di denaro minore di quella che spetta agli altri eredi: la differenza è pari a quanto ricevuto per donazione.

UN ESEMPIO: un padre lascia tre figli. Se il primo ha ricevuto 100 a titolo di donazione dal padre ed anche il secondo ha beneficiato di un’ulteriore liberalità da parte del padre per 200, entrambi saranno tenuti alla collazione. E’ evidente come, a rigore, questa vada operata a favore della massa ereditaria comune. In altri termini non si attuano compensazione fra i singoli eredi, bensì si va ad incrementare la comunione alla quale partecipa anche il terzo figlio, soggetto che nulla ha ricevuto in vita dal de cuius. In effetti si tratta di un’obbligazione a favore dei coeredi considerati complessivamente.