Si fa presto a parlare di agricoltura

Riflessioni sul Referendum sul Distretto Biologico in Trentino di Massimo Tomasi, direttore CIA Trentino

Da diverso tempo l’agricoltura è diventata il centro di discussioni, proposte, richieste, pretese, alcune praticabili altre meno, assumendo sempre più un ruolo di convergenza relativamente alla sostenibilità ambientale. Anche l’Europa ha indicato la direzione da seguire descritta nel New Green Deal (Nuovo patto verde) definendo, oltre agli obiettivi, anche i tempi che per diverse situazioni sono piuttosto azzardati.
Viene infatti previsto che entro il 2030 ci sia una riduzione dell’uso di concimi del 20% e una riduzione del 50% degli antiparassitari e un aumento del 25% della superficie con agricoltura biologica. Chiaramente non si tratta solo di questo, ci sono molti altri elementi che lo compongono, ma il contesto attuale pone l’attenzione soprattutto su questi obiettivi.
Sono principi che all’occhio del profano appaiono molto convincenti. Abbiamo però il retro della medaglia e cioè capire come si dovrà comportare chi poi effettivamente lavora per attuare questi principi.
Riduzioni così importanti necessitano di una attenta pianificazione per accompagnarne la concretizzazione. Ad oggi, oltre ad aver previsto dei supporti economici, non sono stati forniti gli strumenti da utilizzare e si stanno continuamente imponendo nuovi limiti che aggravano la situazione. Se riduco del 50% i prodotti per la difesa fitosanitaria, non autorizzando nuove tecniche o prodotti, rischio di dare obiettivi troppo ambiziosi che non riuscirò a raggiungere. Anzi rischio di ridurre la produzione notevolmente rischiando di compromettere un tessuto produttivo che sarà poi difficile da sostituire. E’ chiaro che se nei supermercati i prodotti continueranno ad esserci il problema non si porrà, ma l’origine di quanto poi consumeremo rischia di essere esterna alla comunità, ponendoci in una condizione di dipendenza poco governabile e soprattutto senza rispetto delle regole che invece esistono all’interno del nostro territorio. Si tratta di uno degli scenari possibili, ma non troppo remoti.
Appare piuttosto bizzarro come ci sia stato uno sbilanciamento tra obiettivo e realizzabilità. Pare che l’attenzione a come poter dar seguito agli obiettivi sia passata come una ovvietà non conoscendo però le difficoltà che si dovranno affrontare. Il limite temporale di 10 anni in agricoltura è brevissimo se pensiamo che un impianto frutticolo ha una vita media di 15 anni e quello viticolo di circa 20. Il periodo per la conversione è decisamente prolungato e quindi l’orizzonte 2030 è veramente molto vicino e difficilmente rispettabile.

Indipendentemente da questi continui stimoli, da anni si è intrapreso in agricoltura un percorso di sempre minor impatto ambientale, introducendo prassi e metodi di lavoro per continuare a migliorare l’attività produttiva.
Il percorso è quindi tracciato e definito anche se rimangono dei dubbi sulla possibilità di concretizzarlo appieno, in quanto se l’obiettivo è chiaro, non siamo nella stessa situazione per gli strumenti da utilizzare.
Dobbiamo infatti ricordarci che l’agricoltura è un mondo molto complesso e solo chi lo conosce bene ne ha la piena consapevolezza. Per riuscire a concretizzare principi e modelli è indispensabile confrontarsi con chi poi deve realizzarli.
Lo scetticismo che nasce nei confronti del prossimo referendum parte proprio da qui, dalle difficoltà che ci saranno nel dare seguito a quanto deciso da altri, che spesso non conoscono minimamente cosa si dovrà affrontare.
Solo per capirci quando si fa agricoltura dobbiamo tenere presente in quale territorio ci troviamo, dove gli spazi sono contesi tra coltivazione, impianti produttivi, infrastrutture, utilizzo civile, situazioni che condizionano non poco l’attività.
C’è poi il grande fattore orografico del nostro territorio che limita decisamente le diverse operazioni e le metodologie da utilizzare con tutte le difficoltà annesse: la pendenza è solo una di queste.

Non deve essere dimenticata la difficoltà produttiva, visto che i cambiamenti climatici rischiano di trasformare ogni temporale in una tempesta disastrosa, i periodi caldi in siccità, elementi che complicano non poco la coltivazione. Abbiamo inoltre le nuove avversità che sono arrivate e quelle che stanno arrivando che necessitano di nuove tecniche di difesa, non sempre così velocemente disponibili come la diffusione delle malattie. Il mercato, poi, regola la remunerazione delle imprese, elemento indispensabile per la sostenibilità economica che non può sicuramente essere governato solo per decreto. Nel tempo si sono susseguite numerose leggi e norme, ma alla fine quello che conta è cosa viene venduto e a che prezzo. Deve poi essere considerata la burocrazia che non risparmia nessuno ed è cieca rispetto alle situazioni in cui si trovano soprattutto le aziende di montagna, non derogando su obblighi, doveri e vincoli e complicando non poco la gestione aziendale, oltre ad aumentare notevolmente i costi di gestione.

Questo elenco non vuole essere un manifesto di protesta, ma vuole solo evidenziare aspetti che molto spesso chi non li vive, non si rende conto esistano.
Di tutto questo si è poco discusso con chi ha proposto il referendum e non si è neanche iniziato a lavorare per trovare proposte. Quelle poche che ci sono state e che vengono continuamente ribadite nelle discussioni o nei vari post a sostegno dell’iniziativa, ci sembrano piuttosto esili. Gli argomenti da affrontare sono molti di più e non si può liquidare questa preoccupazione con l’affermazione che se ne parlerà successivamente. Questi temi dovevano essere oggetto di incontri, confronti e discussioni prima della proposta della consultazione, coinvolgendo chi deve farsene carico, ovvero gli agricoltori. Non bastano quindi le buone intenzioni, ma serve concretezza per poter dare continuità imprenditoriale.

Ma come è già stato detto, si è iniziato a costruire la casa partendo dal tetto e delle fondamenta ne parleremo più avanti.

 

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Mara Baldo, Vicepresidente di Cia Trentino e Agricoltrice biologica: “Lo sconcerto di una produttrice biologica sul referendum”  (post su facebook)

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