Giovani Agricoltori Trentini significa anche… zootecnia di montagna

Sul numero di luglio di Agricoltura Trentina è uscita parte dell’intervista al giovane associato AGIA Alessandro Stimpfl. Di seguito la versione integrale dell’intervista su zootecnia di montagna e giovani agricoltori trentini.

Intervistiamo alcuni dei nostri associati per raccontare le loro storie e chiedere un loro contributo su alcuni temi di cui si occupa l’associazione perché siamo convinti che conoscere la storia dei singoli possa essere d’aiuto e ispirazione per una creazione condivisa della comunità agricola trentina.
Qui risponde Alessandro Stimpfl, 27 anni, allevatore e frutticoltore, Val di Non, componente di presidenza Agia Trentino.

Quando hai iniziato ti aspettavi quello che poi hai vissuto? Cosa vuol dire fare il giovane allevatore nel 2022?
Per me è iniziato tutto con la prima stagione in malga a 16 anni. La parte più legata alla pastorizia mi appassiona da sempre, con il tempo poi è subentrata anche la volontà di portare avanti l’azienda di famiglia. É una fortuna poter iniziare a lavorare in una realtà già produttiva, con terreni da sfalcio e attrezzature già presenti. Anche se ho sempre avuto davanti l’azienda, una volta che ti ci impegni davvero cambia tutto; accanto alla passione hai la parte gravosa, la responsabilità e l’impegno, affinché tutto possa funzionare e portare a un reddito. Ormai il nostro lavoro è imprenditoriale, richiede tanta attenzione alle questioni amministrative e gestionali, il che non è banale né scontato.
Fare l’allevatore in Trentino significa anche lavorare per il mantenimento del territorio, un interesse costante nel custodire e sostenere l’ambiente, valorizzarlo curando i terreni, i boschi e gli alpeggi d’alta quota. Attualmente vorrei poter ampliare la stalla sia per esprimere al meglio quello che faccio, sia per gli animali.

Un aspetto che ti piace del tuo lavoro e uno che reputi difficile.
Mi piace il lavoro in sé, anche se all’inizio avevo sentimenti contrastanti perché so che richiede sacrifici personali notevoli, per il tempo e la retribuzione chiunque direbbe “chi me lo fa fare”, ma il modo in cui imposti l’attività può agevolare molto e la collaborazione efficace a livello familiare aiuta moltissimo.
Forse mi pesa sentire che l’insieme sociale spesso dà per scontato questo lavoro o pensa addirittura che gli allevatori si arricchiscano con i soldi della comunità europea, ma non è così: i costi della produzione del foraggio sono altissimi, invece le ricadute del mantenimento del paesaggio riguardano tutti.

Come vedi il settore zootecnico di questi tempi? Se ci fossero dei giovani che vogliono intraprendere questa strada cosa diresti loro?
Un giovane che vuole immettersi nella zootecnia di montagna oggi ha una strada difficile davanti. Quello agricolo non è un lavoro semplice, anche se a volte lo dipingono come tale. Sei impegnato 365 giorni l’anno, non stacchi mai la testa perché il lavoro coincide con la tua vita. Anche solo la disponibilità dei terreni non è cosa scontata. È davvero difficile buttarsi sulla pura zootecnia, magari è più facile improntare la nuova azienda sulla multifunzionalità e le attività connesse o iniziare da una realtà molto piccola che sia solo un secondo lavoro. Vedo comunque che spesso chi parte da zero, nonostante le innumerevoli difficoltà, ci mette tanta passione e impegno. A volte ci vuole una volontà sconfinata per fare quello che facciamo.
Il legame con la tradizione e la passione, la forza di un mestiere che si fa da millenni fanno superare anche i momenti difficili.

Dal 2021 sei anche vicepresidente del caseificio di Coredo. Cosa significa per te partecipare a questa realtà?
Conferiamo il latte al caseificio di Coredo, che trasforma, per lo più in Trentingrana, e vende nel punto vendita. Dal 2021 mi sono inserito nell’amministrazione di questa realtà (sono vicepresidente) per vedere da vicino come funziona il sistema completo, cosa c’è dietro, con la volontà di cambiare le cose in meglio avendo obiettivi sempre maggiori. Ovviamente, come sempre, non è facile, ci sono dinamiche sedimentate nel tempo, ma si deve cercare il giusto equilibrio e rispetto tra varie visioni. Il caseificio è il luogo in cui convergono le varie realtà zootecniche, sarebbe importante che tutti partecipassero anche se è difficile farlo capire alle persone. Partecipare significa che ti interessa quello che fai, essere parte attiva dei processi di tutela, cambiamento, sviluppo del settore, per te come per gli altri.
Quello dell’allevatore è un lavoro sedentario, ti tiene in azienda, ma sarebbe fondamentale muoversi, vedere altre aziende, curiosare, confrontarsi, darsi una mano a vicenda; anche se il tempo è pochissimo bisogna riuscire a ritagliarselo.